da Aledei » gio nov 09, 2017 4:41 pm
Bello l'articolo..... si è potuto anche togliere qualche sassolino dallo stivale
Motocross, l’idolo Tony Cairoli: «Vinco tutto e non vado mai in tv. Ai 10 Mondiali arrivo prima io di Rossi»
« Papà in Sicilia mi ha trasmesso la passione: per me la moto è il senso di libertà. Mia moglie Jill mi dà tranquillità Non rinuncio alla pasta, ogni gara è una lezione»
di Alessandro Pasini
Antonio Cairoli è uno dei più grandi atleti italiani di quest’epoca, eppure è un idolo nascosto. Il suo popolo lo adora come un guru e perciò, oltre che per i 9 Mondiali vinti (l’ultimo due mesi fa), viene semplicisticamente definito il Valentino Rossi del motocross. Ma Tony, campione venuto dal niente e con una popolarità di nicchia, lontana dal mainstream nazionale, è molto altro. E sa come raccontarlo.
Caro Antonio, intanto come si vincono 9 Mondiali?
«Potrei citare il mio tatuaggio: velocità, fango, gloria. Per me è il senso del motocross. Si arriva al successo solo con il lavoro che plasma il talento. Questo titolo poi è il più bello di tutti, perché è arrivato dopo due stagioni difficilissime».
Già, nel 2015 la davano per finito.
«Ho corso a lungo con una frattura al radio del braccio sinistro, trascurata al punto che ho rischiato necrosi e trapianto osseo. Colpa mia, ma sa come siamo noi piloti: la nostra soglia del dolore è diversa. I critici, che come sempre in Italia non vedono l’ora di buttarti giù al piedistallo, dicevano che ero finito, ma io sapevo che una volta guarito sarei tornato quello di prima».
Ha detto che può ancora migliorare. Possibile, a 32 anni, dopo tanti trionfi?
«Sì. Ogni gara è una lezione, ogni avversario insegna. Ero così fin da piccolo: sapevo osservare, assorbivo da tutti».
A 10 titoli c’è il recordman assoluto Stefan Everts. La leggenda a un passo.
«Ma non è un’ossessione. I conti li farò solo a fine carriera».
Chi arriverà primo a 10 tra lei e Rossi?
«Spero io, e sono favorito perché il mio campionato finisce sempre prima...».
Anche lei sostiene scontri generazionali mica male.
«Una spinta affascinante. Sai che gioia battere gente che ha 13 anni meno di te?».
Ha provato la Ktm MotoGp. Tentazioni da pista?
«Solo un gioco. Il mio mondo resta il cross, con puntatine nel rally».
Ma cos’è più pericoloso?
«Dipende sempre se chi guida è una testa calda o, come me, sa stare in controllo. La frenata di una MotoGp è pazzesca, ma l’elettronica limita. Il cross è più creativo, senza contare la fatica maggiore».
Cosa pensa di Rossi & Co. che si allenano col cross e spesso si fanno male?
«A loro serve molto perché imparano a gestire la perdita di trazione e a improvvisare. Cadere capita: le polemiche non hanno senso».
Dovizioso è un grande crossista, vero?
«Sì, a volte ci alleniamo insieme. Potrebbe senz’altro gareggiare a livello nazionale».
E domenica a Valencia come lo vede?
«Speriamo che Marquez faccia un regalino e che il famoso biscotto si sciolga... Sarà dura, ma quella di Andrea resta comunque una grandissima stagione».
Com’era Tony che iniziava sulla minicross a 4 anni?
«Un bimbo che non vedeva l’ora di tornare dall’asilo per salire in sella e sfrecciare nella campagna della sua Sicilia. Era la libertà. E la sento ancora dentro quando torno a Patti».
Merito di papà Benedetto.
«A lui piaceva correre, ma mio nonno non voleva, diceva che era pericoloso. Così, quando ha avuto il maschio dopo tre figlie, papà ha trasferito la passione a me. È morto nel 2014, dopo che nel 2011 se n’era andata mamma Paola: non vederli più a bordo pista è dura, continuo a correre per loro».
In Sicilia narrano ancora le gesta di quel ragazzetto esile che stendeva i più grandi...
«I problemi sono venuti dopo. Pochi soldi, necessità di uscire dall’isola, momenti bui, nel 2003 volevo smettere. L’incontro con Claudio De Carli (team manager, ndr) e il trasferimento in Belgio, patria del cross, sono stati decisivi».
Un altro fondamento della sua vita è Jill, sposata il 14 ottobre dopo 11 anni insieme.
«Lei olandese, io siciliano, in coppia abbiamo fatto bingo. Mi dà tranquillità e forza. È molto italiana dentro. E poi ama il cross!».
Jill ha detto: «La gente ama Tony perché viene dal nulla».
«È così. La mia non è mai stata una strada facile. Ecco perché soldi e fama non mi interessano. I sacrifici? Mai pesati: quando smetterò avrò tempo di fare ciò che non ho fatto a vent’anni».
Lei ha un motto italiano: «Go fasta, eat pasta» (corri più forte, mangia pasta).
«Vero. Il carbo a gogò è un punto fermo del mio allenamento, che faccio da solo senza preparatori: le mie tabelle funzionano».
Com’è un salto nel cross?
«Tecnicamente è un’azione di 8-10 metri di altezza e 30 di lunghezza. Tatticamente, un attimo di relax e riflessione tra le fasi di guida. Ogni tanto mi chiedono se penso mai di volare...».
E lei?
«Dico no. Qui non c’è tempo per la poesia».
Ora possiamo togliere il suo sassolino nello stivale: parliamo troppo poco di Tony Cairoli, vero?
«Di me e del cross, che ha invece tantissimi praticanti. Dicono che è un problema di share. Ma se non va neanche in tv, di che share mai parliamo? La cosa mi dà molto fastidio, soprattutto se penso a Belgio, Olanda o Sudamerica».
Rimediare è possibile?
(sorride) «Chissà. Oggi lo abbiamo fatto. Magari è un inizio...».